Melancholia: la fine del mondo per Von Trier

Posted on 8 ottobre 2011 di

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Ci aveva un pò tutti disgustato col suo ultimo Antichrist il regista danese più famoso e controverso dei nostri tempi. Da alcuni considerato un genio, e da altri solo uno sbruffone senza talento. Quel che è certo è che ogni suo film fa discutere. Non manca all’appello nemmeno questa sua versione personale dell’apocalisse.

Le protagoniste di questo dramma sono due sorelle molto diverse tra di loro, Justine, impulsiva, egocentrica e tormentata, e Claire più pragmatica e razionale.

La vicenda si svolge in due atti. Con ciascuno il nome delle due donne.  Assistiamo al disastroso matrimonio di Justine e Michael nella sontuosa casa di Claire, la quale ha organizzato tutto fin nel minimo dettaglio. Ma sin dal principio qualcosa non va. Il ritardo degli sposi prelude a un epilogo tragico e tutto il primo atto è una lenta discesa negli inferi della sposa, che si ostina a isolarsi dai festeggiamenti. La sua famiglia d’altronde non è da meno, essendo una presenza ostile e caotica per tutto il corso serata. Ma c’è qualcos’altro nell’aria che atterrisce Justine e che non le permette di camminare dritta e respirare.

Nel secondo atto, ancora nel castello, le cose sono cambiate. Appare dunque Melancholia: un misterioso pianeta appena visibile ad occhio nudo, in arrivo nei pressi della terra che tuttavia, secondo John, il marito presuntuoso di Claire, dovrebbe solo “volarle a fianco”, mentre secondo gli scienziati esso presto ci travolgerà cancellando la vita sul nostro pianeta. Ma John e il figlioletto Leo restano placidi e fiduciosi. Quella di Justine invece è una calma diversa, che nasconde qulla totale impotenza di fronte alla fine.

Il quindicesimo film di Von Trier riesce ad essere sorprendetemente inquietante. Tutta la visione è un progressivo crescendo sulle note del Tristano e Isotta di Wagner, intenso e inesorabile fino al maestoso epilogo. Un film di silenzi e attese in cui Von Trier compie una sintesi del suo nuovo, raffinatissimo stile in slow motion inaugurato col precedente Antichrist, e le sue classiche riprese “dogma-tiche” con telecamera a mano. Charlotte Gainsbourg nei panni di Claire, sembra qui più rilassata ma non per questo meno enigmatica.Appare ancora un bosco, che nemmeno stavolta è un posto accogliente e sicuro in cui nascondersi, e le due sorelle sembrano quasi le allegorie dei due pianeti in contrasto, in cui è quello più nero a sopraffare l’altro.

Sembra che Von Trier stia in questi anni componendo una “trilogia della natura”, dove dopo Antichrist, anche qui una donna e il mondo circostante si corteggiano e lottano tra loro strenuamente, negli spazi più intimi della psiche umana.

Le parole di Kirsten Dunst, di un pessimismo inquietante, chiariscono alla fine ciò che la storia non vuole ancora dire: “Life is evil”. Melancholia si schianta sulla terra con tutta la sua violenza, e non c’è mai stato spettacolo più grande.

D’altronde, l’enormità dell’universo, non bada minimamente alle emozioni degli esseri umani. Siamo solo noi a a dar loro, a volte fin troppa importanza.

E come disse Eliot: “E’ questo il modo in cui finisce il mondo. Non già con uno schianto ma con un lamento”.

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